The Lobster, di Yorgos Lanthimos

lobsterIn un futuro indefinito, ma apparentemente abbastanza vicino, essere single è illegale. Chi non ha un partner è costretto a un soggiorno di 45 giorni in una struttura, denominata semplicemente Hotel, alla fine del quale dovrà aver trovato l’anima gemella. Chi non dovesse riuscirci è destinato a essere trasformato in un animale a sua scelta e spedito nella Foresta.

Gli uomini e le donne che abitano il mondo grottesco creato da Lanthimos appaiono a prima vista assurdi, disumani, vuoti, ma man mano che il racconto va avanti si palesa in maniera disarmante come in realtà non siano poi tanto diversi da noi. Anzi, i loro comportamenti sono i nostri, solo più accentuati. Le convenzioni, le frivolezze e le contraddizioni che governano la società vengono qui esasperate e messe in vetrina in uno scenario in cui la Legge regola tutto, anche e soprattutto le relazioni, e in cui i crimini peggiori che si possano commettere sono quelli contro il senso comune, contro la norma, divinità posta su un piedistallo e adorata in molte società contemporanee.

L’amore viene misurato, quanto la ami in una scala da 1 a 15?, codificato. L’anima gemella si sceglie in base ad apparenti punti comuni: portiamo entrambi gli occhiali, soffriamo di epistassi, ci piacciono le fragole, e così via. L’importante diventa trovare qualcuno che per un motivo qualsiasi possiamo chiamare amore, perché, chiaramente, la pena per un fallimento sembra ben peggiore di un’unione che cammina su un filo, basata magari su una bugia.

Dall’altro lato, nella Foresta c’è chi si oppone e vive ai margini, nascosto, seguendo regole diverse ma altrettanto ferree. Dietro questo apparente anticonformismo si nasconde una controcultura fondata su valori diversi da quelli dominanti, ma la cui violazione viene punita in modo ugualmente crudele. Non si possono avere relazioni, non ci si può innamorare.

Lo scontro tra le due fazioni è aperto e feroce, le coppie attaccano i single e i single fanno altrettanto, smascherando quanto fragili siano in realtà le basi su cui si fondano le loro unioni e la società stessa. Ed è qui tra i boschi, al di là della civiltà, che l’amore, quello vero, sembra fare la sua apparizione. Ma lo è davvero? È possibile innamorarsi vivendo e crescendo in una civiltà che non ha idea di cosa sia l’amore e che, anzi, ne porta avanti un’idea così distorta?

In definitiva, The Lobster è un film disturbante, emotivamente molto efficace, che lascia lo spettatore con un nodo in gola e una sensazione di disagio difficile da scacciare.

6 pensieri riguardo “The Lobster, di Yorgos Lanthimos

    1. A me ha coinvolto molto, forse è stato anche un po’ per la sorpresa perché conoscevo il regista solo di nome e non sapevo bene cosa aspettarmi.
      Che tipo di sviluppo avevi immaginato? Cioè, che andasse oltre magari?

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      1. Non so, forse la colpa è di una critica negativa che avevo letto e che mi ha influenzato però ricordo di essermi un po’ annoiato. Forse mi aspettavo qualcosa completamente dentro l’hotel o che mostrasse più un periodo post trasformazione.
        Però ripeto che l’idea di base mi è piaciuta, la realizzazione un po’ meno

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      2. Sì, capisco. Io inizialmente mi aspettavo una sorta di guerra civile, o comunque un sovvertimento della società. Poi mi sono resa conto che non sarebbe successo, come in fondo non succede neanche in molti classici del genere.

        Anch’io avevo letto un paio di critiche negative quando è uscito, ora che mi ci fai pensare.

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      3. Forse proprio perché nei classici non succede (insomma l’unica azione di 1984 è quello che succede nel camera affittata, non una vera e propria sovversione), mi sarei aspettato qualcosa di diverso.
        Beh che, allo stesso tempo, vedere dei moti capeggjati da cani e aragosto sarebbe parso strano.

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